Cynthia Wilson, fondatrice e direttrice responsabile del Chemical Injury Information Network (CIIN) – www.ciin.org
Traduzione dall’inglese della Dott.ssa Anna Cesaretti
Esistono molti eccellenti libri ed articoli che spiegano la sensibilità chimica molto meglio di come possa farlo io. Il mio intento è semplicemente quello di fornire una rassegna, indicando le conoscenze di base sul problema ed alcune controversie che la riguardano.
In passato, quando i medici credevano ai loro pazienti, e prima che le malattie psicosomatiche e lo stress diventassero il ricettacolo di tutte le malattie che i medici non riuscivano a diagnosticare, i medici diagnosticavano la sensibilità chimica come “vapori”. I “vapori” erano descritti come esalazioni degli organi del corpo in grado di nuocere alle condizioni fisiche e/o mentali, oppure come una condizione di depressione o isteria nervosa. Poi, nei primi anni ’50, il dottor Theron Randolph riconobbe che la gente si ammalava a causa dell’ambiente, da cui il nome di “Malattia Ambientale”.
Negli anni ’60 risultò finalmente evidente al governo che l’inquinamento provocava danni alla salute. Il Dottor Randolph partecipò alla prima conferenza sul tema e fu l’unico a porre in discussione gli effetti dell’inquinamento dell’aria all’interno degli edifici, ma le sue preoccupazioni furono ignorate e/o ridicolizzate sia dalla classe medica che dal governo. Nel 1992 l’EPA (Agenzia per la Protezione Ambientale) fornì come stima prudente del costo per gli Stati Uniti della cattiva qualità dell’aria all’interno degli edifici la cifra di un miliardo di dollari l’anno in perdite di produttività.
Nello stesso anno l’Accademia nazionale delle scienze stimò che l’inquinamento indoor dell’aria contribuiva ad incrementare la spesa sanitaria per una cifra variabile dai 15 ai 100 miliardi di dollari.
LA CRISI ENERGETICA DEGLI ANNI ’70
La crisi energetica degli anni ’70 esacerbò il problema delle sensibilità chimiche, ma non contribuì in alcun modo alla comprensione della malattia. Per il risparmio dell’energia il governo incoraggiò la climatizzazione degli edifici e la costruzione efficiente dal punto di vista energetico, che comportava la riduzione dei requisiti di ventilazione che consentono il ricambio dell’aria negli edifici nuovi. Si deve a questa riduzione dell’aria, insieme all’aumento della presenza di sostanze chimiche volatili nei nuovi materiali e prodotti, dalla seconda guerra mondiale, il numero sempre crescente di persone che subiscono un lento, ma continuo avvelenamento.
Successivamente, nel 1981, in seguito all’avvelenamento di migliaia di persone a causa dell’isolante urea formaldeide espansa, il Consiglio Nazionale delle Ricerche commissionò uno studio denominato “Formaldeide e altri aldeidi”. Il rapporto stimò che una percentuale dal 10 al 20 % della popolazione era a rischio per l’esposizione a bassi livelli di aldeidi. Benché l’attenzione principale del rapporto si concentrasse sul rischio di cancro, il rapporto raccomandava che fosse condotto uno studio estensivo sulle sensibilità chimiche. Non fu fatto nulla.
Purtroppo la comprensione medico/biologica dei danni chimici fallisce a causa della mancanza di conoscenze derivanti dalla carenza di ricerca di base. Ci sono varie teorie su come i bassi livelli di esposizione avvelenino la gente, tuttavia queste teorie sono meglio discusse nei loro particolari dai professionisti. L’unico elemento chiave che sta emergendo è che la sensibilità chimica non è probabilmente una disfunzione del sistema immunitario e che non è neppure connessa con le allergie. Le ultime ricerche affermano decisamente che la sensibilità chimica è più probabilmente una combinazione di un danno al sistema nervoso centrale e di carenze enzimatiche, che può anche causare problemi al sistema endocrino e immunitario. La sensibilità chimica è prevalentemente caratterizzata da un danno reale, verificabile nel corpo, benché le implicazioni di queste anomalie siano scarsamente conosciute e richiedano ulteriori ricerche.
Il governo risponde in maniera incresciosamente lenta con finanziamenti per la ricerca non solo in favore della sensibilità chimica, ma per lo studio di molte delle affezioni (non cancerogene) che sono in generale connesse con le sostanze chimiche tossiche. Le industrie chimiche hanno uno speciale interesse a promuovere la convinzione che i problemi di salute provocati dalle sostanze chimiche siano più di natura psichiatrica che non una conseguenza dell’avvelenamento causato dai loro prodotti. La Chemical Manufacturers Association, nel suo opuscolo informativo del 1991, affermava che “il costo maggiore per la società verrebbe dal riconoscimento della malattia ambientale”.
MASCHERAMENTO E PROPAGAZIONE
Altri due fattori contribuiscono a complicare il processo di soluzione della sensibilità chimica: il mascheramento (adattamento) e la propagazione (sensibilizzazione incrociata). Una spiegazione assai semplicistica del processo, molto complicato, del mascheramento è che il corpo produce un’assuefazione alla sostanza chimica tale per cui se la persona non riceve una dose regolare della sostanza chimica il corpo entra in un’astinenza maggiore di quella che deriva dall’uso di droghe o di alcool. Mentre i sintomi palesi sembrano essere sotto controllo a causa del mascheramento, il danno interno continua ad agire, non rilevato.
La propagazione può trasformare la sensibilità chimica in una condizione progressiva. Una volta che una persona è sensibilizzata ad una sostanza chimica, la sensibilità si può propagare e può coinvolgere altri elementi chimici non correlati. Quando questo succede, esposizioni ripetute riducono il livello di tolleranza del corpo attraverso un meccanismo, ancora sconosciuto, tale per cui il corpo diviene più facilmente reattivo ad un numero sempre maggiore di sostanze chimiche a livelli sempre più bassi, finché alla fine si raggiunge lo stadio in cui la persona è continuamente malata. Se la malattia raggiunge questo stadio la persona può considerare la vita “un’opportunità del tutto casuale”.
Sono stati condotti test che mettono in relazione le esposizioni chimiche croniche a bassi livelli con problemi del sistema immunitario, danni cerebrali, disturbi di fegato, reni e cuore, disordini neurologici e del comportamento, problemi autoimmunitari, difetti congeniti e con numerosi altri disturbi. L’ipotesi di lavoro alla base di questi test è che le esposizioni chimiche a bassi livelli causino un danno così marginale che il corpo non registra di essere in pericolo finché le lesioni non hanno raggiunto un punto critico. Spesso il corpo non comincia a rispondere con sintomi palesi a questi attacchi chimici se non dopo che il danno irreversibile è stato causato.
NON E’ UN PROBLEMA IMMUNITARIO
Anche se la maggior parte delle ricerche sulla Sensibilità Chimica Multipla si è concentrata su di un meccanismo del sistema immunitario, i critici della MCS hanno ripetutamente segnalato che molti dei sintomi di cui i malati di MCS dichiarano di soffrire semplicemente non possono essere mediati dal sistema immunitario.
Particolarmente controverse sono le reazioni che si verificano immediatamente durante l’esposizione chimica, oppure non appena l’esposizione cessa. Con l’eccezione della risposta istaminica e di alcune risposte mediate dall’IgE, come lo shock anafilattico, il sistema immunitario non è in generale in grado di reagire non appena il sintomo appare. Questo ha condotto alcuni ricercatori a prendere in considerazione il sistema nervoso centrale perché questo è in grado di reagire nei limiti temporali immediati come provato da molti pazienti (per esempio, se la vostra reazione immediata è la nausea o il vomito queste reazioni vengono con grande probabilità mediate neurologicamente).
I test neurologici stanno finalmente dimostrando una sottile disfunzione e un danno del sistema nervoso. Anche se serviranno anni per comprendere tutte le implicazioni di questi test, almeno consentono di mostrare con obiettività delle anomalie. Con l’utilizzo del test dei potenziali evocati QEEG, l’analisi SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography) e della PET (Positron Emission Tomography) si stanno compiendo rapidi progressi nel documentare gli effetti delle sostanze chimiche sul sistema nervoso. E’ tuttavia problematica la mancanza di studi controllati a doppio cieco sul sistema nervoso centrale dei pazienti di MCS.
Il fenomeno neurologico conosciuto come Sensibilizzazione tempo-dipendente, che è stato preliminarmente studiato sugli animali nel corso degli ultimi 20 anni, ha una sorprendente e misteriosa analogia con la MCS e contribuisce a spiegare non solo come il cervello si sensibilizza in primo luogo alle esposizioni chimiche a bassi livelli, ma anche il ruolo svolto dallo stress nelle reazioni negative. Fornisce altresì un meccanismo per la sensibilizzazione incrociata agli elementi chimici non correlati.
Prima della scoperta della Sensibilizzazione tempo-dipendente e della sua applicazione alla MCS, questo fenomeno della sensibilizzazione incrociata era ritenuto impossibile dagli avversari della MCS, perché non era stato comprovato per esso alcun meccanismo del sistema immunitario. Poiché neppure la tossicologia classica ammette la sensibilizzazione incrociata, l’impossibilità della sensibilizzazione incrociata è divenuta un elemento critico in molte delle teorie secondo le quali la MCS è un disordine di ordine psicologico piuttosto che fisiologico.
Nel 1963 la ricerca condotta dalla dottoressa Eloise Kailin affermava decisamente che la MCS era un disordine metabolico (carenza di enzimi). Le scoperte della dr.ssa Kailin furono respinte sia dagli ecologi clinici che dagli avversari della MCS perché entrambi sostenevano che, in ogni modo, per esistere, la MCS doveva essere mediata dal sistema immunitario. Per trentuno anni non furono condotte ulteriori ricerche sui problemi metabolici nei pazienti di MCS.
IL RAPPORTO CON LA PORFIRIA
In seguito, nel 1994, i test mostrarono che più del 90% dei pazienti di MCS avevano sviluppato una condizione conosciuta come porfirinopatia (una forma acquisita di porfiria). Le porfirie sono un gruppo di rari disordini metabolici dovuti a carenze enzimatiche che coinvolgono la produzione dell’ema (un componente del sangue), danni al fegato e/o al midollo osseo ed hanno molti sintomi in comune con la MCS. Il sintomo più significativo che la MCS condivide con le porfirie è l’intolleranza/sensibilità chimica e il fatto che un estrogeno, che imita una sostanza chimica o una droga, può scatenare un attacco.
Questo rapporto con gli estrogeni può essere la ragione per cui le femmine (dell’uomo e degli animali) sono più soggette dei maschi ai disordini metabolici, alla sensibilizzazione tempo-dipendente e alla MCS.
Un’altra ragione potrebbe essere la butirilcolinesterasi. Le butirilcolinesterasi del plasma sono enzimi necrofagi “consumatori di scorie”, responsabili della rimozione delle tossine dal corpo. Uno studio danese ha scoperto che le donne dai trenta fino ai cinquant’anni hanno il livello più basso di produzione di questo enzima rispetto a tutto il corso della vita, e uno studio recente sui veterani della guerra del Golfo ha scoperto che la carenza di butirilcolinestrasi nel plasma ha svolto un ruolo significativo sull’avvelenamento delle persone.
Disordini della porfirinopatia stanno emergendo anche in persone affette da fatica cronica, fibromialgia, problemi di amalgama e impianti di silicone. Io credo che questi problemi metabolici costituiranno il denominatore comune dei malati che hanno subito danni dalle sostanze chimiche.
I disordini autoimmunitari sono un altro dei problemi maggiori per il malato di sensibilità chimica. L’autoimmunità non è imputata come meccanismo scatenante della MCS, ma è piuttosto una conseguenza dell’avvelenamento subito. Le esposizioni tossiche possono scatenare e scatenano risposte autoimmunitarie con le quali i malati di MCS devono regolarmente avere a che fare. Il fatto di essere sensibilizzati chimicamente rende una persona più vulnerabile a tutte le possibili conseguenze per la salute che sono connesse con le esposizioni chimiche – con la differenza che per i pazienti di MCS queste risposte alle sostanze tossiche sono scatenate da livelli estremamente bassi (e ritenuti innocui) di esposizione.
LA CONTROVERSIA SULLA MCS CONTINUA
Malgrado questi progressi della medicina, malgrado le etichette dei prodotti mettano in guardia contro le reazioni negative come cefalea, nausea, visione confusa, ecc., malgrado siano in aumento le ricerche su animali che collegano specifiche reazioni a specifiche sostanze chimiche, e nonostante numerosi studi clinici a doppio cieco condotti su umani che dimostrano un legame diretto tra esposizioni e sintomi, i nostri sintomi restano ancora estremamente controversi. Gli studi a doppio cieco vengono normalmente interrotti dai critici a causa di questioni soggettive, come il fatto che non c’è modo di verificare se il paziente abbia la nausea. Nella scienza gli umani non sono ancora considerati indicatori attendibili.
Insieme con la sensibilizzazione tempo-dipendente e le carenze enzimatiche, i modelli animali sono ora a disposizione per studiare la MCS, tuttavia la mancanza di finanziamenti per la ricerca di base rimane ancora un grave problema, ed è ancora più difficile farla pubblicare su una rivista medica importante. Per esempio il Journal of Occupational Medicine è controllato da medici che lavorano per Dow Chemical Company, Eastman-Kodak, General Motors e ITT Corporation.
Benché le cose stiano cambiando, i danni da sostanze chimiche che si manifestano con la Sensibilità Chimica sono ancora controversi. Perciò, data la natura controversa di questa malattia, il miglior consiglio che io possa offrirvi è lo stesso consiglio che ho ricevuto da uno dei miei medici, che mi disse che dovevo diventare esperta di me stessa. E voi dovete diventare esperti di voi stessi.
L’articolo è stato pubblicato con il permesso dell’autore e dell’editore.