Le associazioni e i comitati cittadini chiedono di cancellare le norme del Decreto Sviluppo Bis sulle procedure di installazione delle nuove reti di telefonia di quarta generazione (4G) che favoriscono unilateralmente l’industria delle telecomunicazioni a discapito della sicurezza dei cittadini.
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Il Consiglio dei Ministri sta per varare il Decreto Sviluppo Bis sulle procedure di diffusione della nuova telefonia mobile di quarta generazione (4G). La discussione è prevista per il 4 ottobre 2012.
Se approvata la bozza attuale, sarà una delle più drammatiche riforme della storia della nostra Repubblica per le nefaste conseguenze che essa comporterà sull’ambiente e sulla salute pubblica. Vista la criticità del momento storico questa riforma rischia di passare sotto silenzio a tutto vantaggio degli interessi economici dell’industria delle telecomunicazioni, che ha fretta di vedere allentare le tutele ambientali per iniziare ad installare la nuova telefonia che richiede maggiori potenze. Le licenze per la telefonia 4G sono state vendute, infatti, l’anno scorso e a partire dal 1 gennaio 2013 le nuove linee dovranno essere operative.
Gli artt. 28 e 29 della sezione dedicata all’attuazione dell’Agenda Digitale prevedono:
- Art. 28, 2° comma : Autocertificazione spinta, con controlli urbanistici e sanitari posticipati all’atto dell’attivazione dell’impianto di radiodiffusione (s.r.b.);
- Art. 28, 3° comma : Autocertificazione spinta, con controlli urbanistici e sanitari posticipati all’atto dell’attivazione dell’impianto hot spot wireless;
- Art. 29, 1° comma : Servitù coattiva imposta per decreto del Ministero dello sviluppo economico a proprietà e condomini, ai fini dell’installazione di un impianto di radiodiffusione;
- Art. 29, 2° comma : indennità di svalutazione dell’immobile o del fondo, stabilita con decreto del Ministero dello sviluppo economico.
Le associazioni e i comitati firmatari di questo comunicato sono fermamente convinti che l’introduzione di queste norme rappresenta una forzatura ed una aberrazione giuridica, che avrà innegabili ricadute sotto vari profili:
- Legale = perché aprirà una serie infinita di ricorsi e contenziosi, con l’effetto di rallentare o impedire la realizzazione delle infrastrutture sopra i tetti degli edifici o sui fondi individuati;
- Sociale = perché rischia di acuire ulteriormente lo stato di conflitto sociale, già elevato e reso permanente nei territori, soprattutto urbanizzati, dal disagio e la contrarietà con cui la popolazione è costretta ad accettare scelte di governo del territorio, non concertate e condivise (antenne, tralicci e sorgenti di inquinamento elettromagnetico);
- Sanitario = perché il progetto di proliferazione capillare di impianti di radiodiffusione per la telefonia mobile e wireless destinato ai servizi di c.d. 4^ generazione provocherà un generale ed incontrollato innalzamento del fondo elettromagnetico, soprattutto nelle realtà urbane, con effetti e rischi per la salute della popolazione, in particolare le fasce più esposte, bambini e adolescenti;
- Ambientale e Paesaggistico = perché la moltiplicazione di infrastrutture di comunicazione elettronica provocherà l’alterazione dei lineamenti estetici delle nostre città, in particolare le città d’arte, deturpandone in forma irreversibile i profili, definiti “patrimonio dell’umanità” dall’Unesco;
- Urbanistico = perché confinerà il sistema dei controlli, tesi a valutare la conformità edilizia dei progetti depositati, ad un mero atto formale, posticipandolo all’atto della attivazione dell’impianto, ovvero quando esso è già stato realizzato e definito.
Così com’è scritto, il Decreto Sviluppo avrà effetti nefasti sulla tutela della salute e dell’ambiente, valori che sono costituzionalmente tutelati. Sarebbe di fatto un colpo di mano per procurare il vantaggio economico dell’industria delle telecomunicazioni a discapito degli interessi più alti della cittadinanza.
La proposta contenuta nel Decreto Sviluppo di monetizzare il disagio procurato dalle nuove installazioni, con l’introduzione di un indennizzo per commisurare la svalutazione dell’immobile subita a causa dell’installazione dell’antenna, appare eticamente riprovevole perché fa leva sullo stato di crisi economica delle famiglie e non tiene conto che il disagio non è solo di carattere economico ma anche sanitario.
Ogni installazione che emette radiofrequenza, infatti, rappresenta una fonte di “possibile cancerogenicità”, come stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità con una Monografia IARC del 2012. Tuttavia la popolazione non è correttamente informata di correre questo rischio e il Decreto Sviluppo sembra voler ulteriormente tacere questa preoccupazione.
Il Decreto Sviluppo tace anche sul rischio concreto che le migliaia di nuove stazioni radio base per la diffusione del servizio LTE 4G provocheranno pesanti interferenze sulla ricezione del segnale televisivo del digitale terrestre.
La Francia, infatti, lo scorso anno ha dovuto sospendere i test sul 4G per le diffuse interferenze generate dall’LTE con il digitale terrestre, che aveva provocato forti proteste da parte degli utenti. Nel nostro Paese si è calcolato che almeno un italiano su 4 dovrà ricorrere al tecnico antennista, per riposizionare l’antenna del digitale terrestre, a causa di questi disturbi. Ci chiediamo, a questo punto, a chi verranno addebitati i costi degli interventi tecnici necessari a risolvere il problema delle interferenze.
Le associazioni e i comitati sono anche preoccupati che nel Decreto vengano inserite norme per allentare i tetti di legge delle esposizioni elettromagnetiche, allargando il periodo di misurazione nei controlli da 6 minuti, com’è previsto oggi, a 24 ore. Ciò comporterebbe di fatto un aumento dei limiti, anche senza toccare ufficialmente la soglia dei 6 Volt per metro, perché nelle ore notturne il campo è inferiore, essendo meno numerosi i cellulari in uso e quindi inferiore il segnale dei ripetitori. Facendo una media con la notte, i valori diurni risulterebbero di fatto meno rilevanti.
È per tutti questi motivi che le sottoscritte associazioni presentano le seguenti proposte:
Chiediamo all’Esecutivo di cancellare le norme di cui agli artt. 28 e 29 della Bozza di Decreto dedicato all’attuazione dell’Agenda Digitale Italiana, sostituendole con una nuova disposizione che, richiamando la Legge Quadro 36/01, il cui art. 8, 6° comma consente ai comuni di dotarsi di appositi regolamenti, modifichi quest’ultima rendendo obbligatorio e cogente il ricorso ai piani regolatori degli impianti radioelettrici.
Tale prescrizione produrrebbe l’effetto presso tutti gli enti locali del nostro Paese di:
- attivare meccanismi virtuosi di corretta gestione del territorio, attraverso una razionale e rispettosa dislocazione di impianti radioelettrici (S.R.B., ponti radio, ecc..);
- minimizzare l’esposizione della popolazione alle sorgenti di emissione elettromagnetica in osservanza del Principio di Precauzione;
- introdurre elementi di partecipazione e confronto tra le parti coinvolte (amministrazione, gestori, comitati cittadini), volti a ridurre lo stato di conflitto sociale;
- favorire la conoscenza e l’informazione sulle nuove tecnologie di comunicazione elettronica ed il loro corretto uso;
- introdurre elementi di bilancio attivo per gli enti locali.