Negli ultimi anni le evidenze scientifiche sui rischi connessi alle radiazioni da radiofrequenza usate per la telefonia mobile e per il Wi-Fi sono aumentate, ma gli standard di sicurezza non vengono adeguati di conseguenza. Come mai? La risposta sta nel conflitto di interessi di personaggi che ricoprono ruoli “chiave” all’interno di commissioni governative e nelle agenzie di salute pubblica. Il caso del ricercatore svizzero Martin Röösli è emblematico.
Un gruppo di scienziati ha inviato recentemente al Presidente della Svizzera una lettera che denuncia i conflitti di interessi di Martin Röösli, il presidente della commissione BERENIS, ente consultivo del governo svizzero che fornisce indicazioni sulle Linee Guida per la Radioprotezione dai campi elettromagnetici. La lettera è una risposta alle dichiarazioni rassicuranti di Martin Röösli sulla presunta sicurezza delle radiazioni 5G. I ricercatori lo accusano di aver sistematicamente sottovalutato i risultati della ricerca scientifica sugli effetti biologici radiazioni wireless, sia nei suoi scritti che nei suoi discorsi pubblici.
Martin Röösli è noto da anni per le sue posizioni rassicuranti sulle radiazioni emesse dalla telefonia cellulare: egli, infatti, sostiene che la maggior parte della ricerca sull’argomento indica inequivocabilmente che non ci sono rischi, ignorando tutta la corposa mole di studi che dimostra l’esatto contrario.
Il gruppo BERENIS di esperti sui Campi Elettromagnetici e sulle Radiazioni Non Ionizzanti, di cui fa parte, ha il compito di esaminare la ricerca scientifica sui campi elettromagnetici e di pubblicare delle valutazioni del rischio. Il gruppo ha la sua sede amministrativa presso il Ministero dell’Ambiente svizzero. Le sue valutazioni hanno un impatto su vari settori della società, non solo in Svizzera, ma anche in certi paesi del Nord Europa che non hanno i loro comitati di valutazione, come la Norvegia, la Danimarca, la Finlandia e l’Islanda.
Röösli è membro anche della Swedish Radiation Safety Authority (SSM) e della commissione britannica di consulenza sulle radiazioni non ionizzanti, l’Advisory Group on Non-Ionising Radiation (AGNIR). Le posizioni di entrambi questi enti sono allineate con quelle dell’ICNIRP (Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti) una piccola associazione con sede a Monaco di Baviera, che da molti anni condiziona le posizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e di molte agenzie di salute pubblica, anche in Italia.
L’ICNIRP è nota per la sua ostinata minimizzazione dell’impatto sulla salute degli effetti non termici dei campi elettromagnetici, quelli che avvengono senza un riscaldamento della materia vivente per bassissimi livelli di esposizione. Nelle sue valutazioni del rischio si limita a considerare come pericolosi solo gli effetti termici acuti delle radiazioni.
E’ significativo che nel Centro Svedese di Radioprotezione, ente analogo al gruppo BERENIS in Svezia, molti membri facciano parte dell’ICNIRP, tra cui Anke Huss, Heidi Danker Hopfe, e Eric van Rongen che è il presidente dell’ICNIRP.
L’ICNIRP viene ormai considerata da molti un’organizzazione che fa gli interessi dell’industria. Nella sentenza del 2019 del Tribunale d’Appello di Torino per la causa di lavoro iscritta al n. 721/2017 R.G.L. infatti, i consulenti tecnici di ufficio nominati dal giudice, considerano l’ICNIRP “un’organizzazione privata, le cui linee guida sulle radiofrequenze hanno una grande importanza economica e strategica per l’industria delle telecomunicazioni, con la quale peraltro diversi membri dell’ICNIRP hanno legami attraverso rapporti di consulenza.”
La stessa sentenza cita uno studio dell’epidemiologo svedese Lennart Hardell secondo il quale “A parte possibili legami con l’industria, appare evidente che i membri dell’ICNIRP dovrebbero astenersi dal valutare l’effetto sulla salute di livelli di radiofrequenza che l’ICNIRP stesso ha già dichiarato sicuri e quindi non nocivi per la salute” (Hardell, 2017).
- la vice Presidente dell’ICNIRP, Maria Feychting, ha partecipato alla ricerca COSMOS sui cellulari, finanziata dall’industria dei cellulari;
- il membro dell’ICNIRP Rodney Croft ha ricevuto finanziamenti per la sua ricerca sugli effetti neurologici dei cellulari da un’organizzazione americana che lavora per l’industria delle telecomunicazioni;
- Anssi Auvinen ha partecipato ad una parte del progetto COSMOS finanziato dalla Mobile Manifacturers Forum, l’associazione dei produttori di cellulari;
- Penny Gowland ha collaborato con il British Institute of Radiology sponsorizzato da Siemens.
Anche il rapporto del Rapporteur Jean Huss, che ha portato alla Risoluzione 1915 dell’Assemblea Plenaria del Consiglio di Europa, definisce l’ICNIRP un’organizzazione legata all’industria e conclude, mentre considera l’ICEMS un’organizzazione indipendente e affidabile per le valutazioni del rischio elettromagnetico. Molti scienziati italiani autorevoli, come il Dott. Livio Giuliani, la Dott.ssa Fiorella Belpoggi, il Dott. Morando Soffritti e il Dott. Fiorenzo Marinelli sono membri fondatori dell’ICEMS.
Martin Röösli è in prima linea anche nella negazione della elettrosensibilità, la condizione di ipersensibilità ai campi elettromagnetici che comporta sintomi come parestesie, arrossamenti alla pelle, emicrania, insonnia, vertigini, disorientamento e molti altri. Egli è, infatti, autore di uno revisione sull’argomento (Environ Res. 2008) nella quale conclude che “la maggioranza degli individui che riportano sintomi di elettrosensibilità non sono in grado di stabilire se sono esposti in condizioni di doppio cieco.” Questa conclusione racchiude in sé due problemi: 1) anche se la maggioranza non è in grado di distinguere l’esposizione, c’è comunque una minoranza che è in grado di farlo e quindi la ricerca dimostra che l’elettrosensibilità è un problema reale; 2) c’è poi il problema degli studi di provocazione che non sono affidabili nella ricerca sulle ipersensibilità ambientali.
Lo hanno spiegato molto bene i ricercatori Nicholas Ashford e Claudia Miller nel loro libro “Chemical Sensitivities” del 2000, le ipersensibilità ambientali non si possono accertare attraverso gli studi di provocazione perché nelle condizioni di vita normali non si possono escludere i fattori confondenti, come l’assuefazione (un’esposizione iniziale può causare dei sintomi e stimolare una risposta immunologica che riduce i sintomi nelle esposizioni successive) o le reazioni tardive (la risposta può avvenire molte ore dopo l’esposizione).
Nel 2010 Röösli ha pubblicato anche una revisione sugli studi che si occupano del rischio sanitario associato all’esposizione alle radiazioni delle antenne dei cellulari, concludendo che “mancano prove di una relazione tra l’esposizione fino a 10 V/m e lo sviluppo di sintomi acuti e che al momento ci sono dati insufficienti per arrivare a conclusioni ferme circa gli effetti a lungo termine dovuti alle radiazioni che avvengono generalmente nelle condizioni quotidiane di esposizione.”
Come al solito i ricercatori ICNIRP pretendono “più evidenze”, perché non si accontentano della mole di studi pubblicati che già dimostrano numerosi effetti biologici e sanitari per l’esposizione alla radiofrequenza a livelli inferiori agli standard internazionali di sicurezza.
Fonti:
Tramissione Report sul 5G “Onda su onda” di Lucina Paternesi del novembre 2019.