Un gruppo di ricercatori della Università della California UCLA e dell’Università di Penn State negli Stati Uniti ha pubblicato nel giugno 2017 lo studio dal titolo “Electrical Grounding Improves Vagal Tone in Preterm Infants”, scoprendo di fatto che i neonati sono sensibili ai campi elettromagnetici ambientali.
Nei bimbi nati pretermine questo fattore è molto importante perché è associato al rischio di sviluppare l’enterocolite necrotizzante. Come noto, i bimbi nati pretermine devono trascorrere un certo periodo nelle unità di trattamento intensivo neonatale, ovvero negli incubatori che emettono campi elettromagnetici che inducono un indesiderato potenziale elettrico cutaneo nei piccoli rispetto al pavimento. I ricercatori statunitensi hanno misurato il campo elettrico nell’ambiente dell’unità di trattamento intensivo neonatale e hanno misurato il potenziale elettrico cutaneo dei neonati e il loro tono vagale attraverso il battito cardiaco, per verificare i cambiamenti prodotti dopo avere collegato a terra gli incubatori.
Lo studio ha preso in considerazione come parametro il tono vagale basso perché è generalmente un marker dell’infiammazione e quindi di vulnerabilità. Un tono vagale basso, per esempio, è associato ad una condizione di esaurimento fisico così come a tutte le malattie autoimmuni, artrite reumatoide, endometriosi, disturbi alla tiroide, lupus, ecc.
Il campo elettrico ambientale riscontrato era al di sotto di 0.5 mG, ma variava dagli 1.5 ai 12.7 mG nell’incubatore chiuso. E’ stato registrato un campo potenziale di 60-Hz oscillante sulla pelle di tutti i neonati.
Con la messa a terra dell’incubatore, il potenziale cutaneo diminuiva di circa il 95%. Prima della messa a terra, inoltre, il tono vagale era inversamente correlato al potenziale cutaneo e questo cresceva del 67% dopo la messa a terra dell’incubatore.
I ricercatori statunitensi, quindi, hanno concluso che i campi elettromagnetici ambientali influiscono sul sistema nervoso autonomo e che la messa a terra di apparecchiature elettriche migliora la capacità di resistenza allo stress e abbassa il rischio di mortalità nei nati pretermine.
Recensione dello studio a cura di Francesca Romana Orlando, giornalista e Vice Presidente di AMICA
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