Secondo un gruppo di ricercatori svedesi – Lennart Hardell, Michael Carlberg, Lena Hedendahl – che da decenni studiano l’epidemiologia associata all’uso dei cellulari, le attuali conoscenze scientifiche fanno concludere in modo inequivocabile che la radiazione da radiofrequenza è un rischio cancerogeno certo.
La radiofrequenza, ovvero il tipo di radiazione emessa da tutti i dispositivi di comunicazione senza fili – dai cellulari alle relative antenne, dai pc ai tablet connessi via Wi-Fi, dagli smartphone agli smart meters, da alle antenne radiotelevisive ai radar – è già stata classificata nel Gruppo 2B, ovvero come “Possibile cancerogeno per l’Uomo” dall’Agenzia Internazionale della Ricerca sul Cancro nel 2011, sulla base delle evidenze fino ad allora pubblicate che riguardavano i meccanismi d’azione (danni al DNA e aumento dello stress ossidativo) e gli studi epidemiologici sull’Uomo.
Il gruppo di esperti non aveva scelto una classificazione più severa, come Probabile Cancerogeno (Gruppo 2A) o Cancerogeno Certo (Gruppo 1), perché non c’erano sufficienti evidenze di un rischio cancerogeno sugli animali. Nel 2018, però, sono stati pubblicati i risultati di una lunga ricerca condotta su ratti e su topi dal Programma Nazionale di Tossicologia del Dipartimento del Dipartitmento di Servizi alla Salute e alla Persona degli Stati Uniti secondo i quali la radiazione del cellulare aumenta in modo significativo l’aumento del rischio di due tipi di tumore: il glioma, un tumore maligno cerebrale, e lo schwannoma che può essere benigno, se colpisce il nervo acustico, o maligno se colpisce il cuore. Queste scoperte corroborano quanto già era stato evidenziato dagli studi epidemiologici sull’Uomo.
Purtroppo lo sviluppo della telefonia mobile e delle tecnologie senza fili, come Wi-Fi e smart meter, si è diffuso in modo ubiquitario e acritico perché le agenzie di salute pubblica, in primis l’OMS, si sono basate sulle valutazioni del rischio condotte nel 1998 dall’ICNIRP (Commissione di Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti) che le ha aggiornate nel 2009, stabilendo delle linee guida da 2 a 10 W/m2 per le radiazioni da radiofrequenza, a seconda della frequenza. Questi limiti non tengono però conto dei numerosi effetti biologici non termici che avvengono per esposizioni di bassa densità di potenza non in grado di produrre alcun riscaldamento (Hardell, 2017).
L’ICNIRP è un’organizzazione privata con sede in Germania, a cui si accede solo se ammessi da membri interni. Sebbene l’associazione dichiari da sempre di essere “indipendente”, alcuni membri dell’ICNIRP sembrano avere legami con le industrie che hanno interessi nel settore, come l’industria militare, delle telecomunicazioni e l’industria energetica.
Nel 2007 un gruppo di scienziati indipendenti, Bioinitiative ha deciso di effettuare una revisione della letteratura scientifica per realizzare nuovi limiti di sicurezza, che allora sono stati identificati da 30 a 60 µW/mq, ma nel 2012 il Gruppo Bioiniziative ha proposto come obiettivo di sicurezza un livello di esposizione di 3-6 µW/mq, utilizzando un coefficiente di sicurezza di 10. Se oggi, quindi, osserviamo uno sviluppo libero e indiscriminato di tecnologie senza fili, si deve principalmente alle agenzie di salute pubblica che si sono basate sulle valutazioni di un’associazione privata, l’ICNIRP, che ha promosso delle linee guida di sicurezza che ignorano gli effetti biologici non termici delle radiazioni da radiofrequenza.
Si fa notare che l’ICNIRP propone linee guida da 2 fino a 10 W/mq, che sono milioni di volte più alti di quelli promossi dal Gruppo Bioinitiative (3-6 µW/mq).
La figura 1 mostra il numero di minuti, in milioni, del traffico telefonico in uscita da telefoni cellulari nel periodo 1999-2013 (blu) in relazione ai tumori al cervello di tipo sconosciuto (D43), linea rossa. La figura mostra un aumento dell’incidenza di tumori al cervello con un po’ di latenza in relazione all’incremento dell’uso di telefoni mobili.
La Figura 2 mostra il tasso per 100.000 morti di tumore al cervello di tipo sconosciuto (D43), linea rossa, e il numero di minuti, in milioni, di traffico telefonico in uscita da telefoni cellulari (linea blu) negli anni 1999-2013. I ricercatori svedesi ipotizzano che il tasso crescente dei pazienti deceduti per tumore al cervello sia associato all’uso crescente di telefoni cellulari.
La Figura 9 mostra tre sviluppi nel design delle antenne di telefoni mobile che potrebbero essere di rilevanza nella carcinogenesi tiroidea. I cellulari di seconda generazione (2G) iniziano negli anni ’90 con le antenne esterne retrattili o le antenne elicoidali. La banda 2G GSM operava a 800/900 MHz di banda di frequenza, più tardi accompagnata dalla banda 1,800 MHz. Intorno al passaggio di millennio, le antenne esterne hanno cominciato a scomparire, rimpiazzate da nuovi modelli di telefono con antenne interne planari o a microstriscia. La prima antenna interna è stata introdotta nel 1998 e il primo telefono mobile dual-band, con antenna interna, è stato introdotto nel mercato nel 1999 (Garg et al 2001). Le antenne interne erano posizionate nella parte alta del telefono. Con l’emergere degli smartphones a metà e alla fine degli anni Duemila, la localizzazione dell’antenna interna inizia a spostarsi dalla parte alta del telefono a quella bassa. Attualmente, la maggior parte dei modelli di smartphones hanno l’antenna posizionata nella parte bassa del telefono, quindi più vicina alla ghiandola tiroidea (grigio nella figura). Questo avrebbe un maggiore impatto sull’aumento di radiazioni alla ghiandola tiroidea da parte degli smartphones.
Conclusioni
Gli scienziati svedesi concludono che, sulla base degli studi casi-controlli, si osserva una evidenza consistente di un rischio aumentato per il glioma e per il neuroma acustico associato all’uso di telefoni mobili. Risultati simili sono stati trovati negli studi del gruppo di Hardell per i telefoni domestici senza fili. Questi risultati sono supportati dai risultati dello studio condotto sugli animali del Programma Nazionale di Tossicologia degli Stati Uniti.
Lo schwannoma vestibolare un è un tipo di tumore maligno simile al neuroma acustico. Risultati meno consistenti sono stati trovati per il meningioma anche se un rischio un po’ più elevato è stato osservato nelle meta-analisi per l’uso ipsilaterale del cellulare (sempre dallo stesso lato). È necessario un follow-up più esteso nel tempo per stabilire il rischio associato a questo tipo di tumore che è a crescita lenta.
Un meccanismo della cancerogenesi può essere lo stress ossidativo che produce radicali liberi ROS (Reactive Oxygen Species). Ad oggi la carcinogenicità è stata dimostrata dagli studi epidemiologici sull’Uomo replicati negli studi su animali. Gli studi di laboratorio sulle radiazioni da radiofrequenza hanno mostrato un incremento della produzione di radicali liberi ROS che può portare a rotture del filamento del DNA.
Valutazione complessiva dei livelli di evidenza dell’attività cancerogena
Glioma: chiara evidenza
Meningioma: evidenza incerta
Schwannoma vestibolare (neuroma acustico): chiara evidenza
Tumore pituitario (adenoma): evidenza incerta
Cancro alla tiroide: qualche evidenza
Linfoma maligno: evidenza incerta
Cancerogeno multi-sito: qualche evidenza
Secondo i ricercatori svedesi, se si considera la premessa delle monografie dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, la radiazione da radiofrequenza deve essere classificata come “Cancerogeno certo per l’Uomo”, ovvero inserita nel Gruppo 1 della classificazione IARC, questa è la premessa:
“Questa categoria (Gruppo 1, cancerogeno Certo) viene usata quando c’è sufficiente evidenza di cancerogenità nell’Uomo. Eccezionalmente, un agente può essere posizionato in questa categoria se l’evidenza di cancerogenità nell’Uomo è meno di sufficiente, ma c’è sufficiente evidenza di cancerogenità negli esperimenti su animali e quando c’è una forte evidenza negli umani esposti che l’agente si attivi attraverso un rilevante meccanismo di cancerogenità”.
SCARICA QUI IL COMMENTO COMPLETO DEGLI SCIENZIATI SVEDESI TRADOTTO IN ITALIANO DA LAURA CINGOLANI PER A.M.I.C.A.
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