Our Toxic Times, dicembre 2006, pubblicazione del Chemical Injury Information Network – www.ciin.org
Traduzione a cura di A.M.I.C.A. – www.infoamica.it
Il naso, che è generalmente la prima linea di difesa dalle particelle inalate pericolose per i polmoni, può essere di per sé suscettibile ai danni provocati dalle particelle estremamente piccole, chiamate “nanoparticelle”, che sono inferiori a 100 nanometri (un nanometro è un milionesimo di metro).
Secondo una ricerca presentata dall’Università Statale del Michigan ad un seminario nella conferenza annuale dell’Associazione Americana per lo Sviluppo della Scienza, intitolata “Nanotecnologie 2006: Tossicologia delle nanoparticelle”,le nanoparticelle prodotte dalla combustione (CDNP= combustion derived nanoparticles) sono in grado di accumularsi nei condotti nasali, causando potenzialmente un certo numero di disturbi, tra cui rinite e infiammazione delle mucose. Le CDNP sono sottoprodotti degli impianti termoelettrici a carbone, dei termovalorizzatori/inceneritori della spazzatura e dei veicoli diesel. Si trovano anche nella produzione di “carbonio nero” (carbon black), un tipo di carbonio che è largamente utilizzato nella produzione di pneumatici, nelle parti di rifinitura di macchinari e nei pigmenti per vernici, plastiche e inchiostri.
“Ciò è preoccupante perché il carbonio nero si trova praticamente ovunque – afferma il Professore Emerito in Patobiologia e Ricerca Diagnostica all’Università Statale del Michigan, Jack Harkema, che ha condotto lo studio insieme ad alcuni colleghi dell’Università di Rochester – è presente nell’inchiostro delle stampanti, nei pneumatici e più o meno in tutto ciò che è nero. Tuttavia, la nostra preoccupazione principale va agli effetti, potenzialmente avversi per la salute, per le persone che producono grandi quantità di CDNP e che sono esposte quotidianamente a queste nanoparticelle”.
La maggior parte degli studi tossicologici sull’inalazione di nanoparticelle si sono concentrati sugli effetti nocivi per i polmoni e non è mai stata esaminata prima la tossicità per il naso. “Questo studio è stato il primo a dimostrare che le nanoparticelle di qualsiasi tipo possono causare, se inalate, patologie al naso come riniti, danni alle cellule epiteliali e un rimodellamento delle mucose nasali, che può compromettere la loro funzione olfattiva e di difesa dei polmoni da agenti pericolosi inalabili”, ha dichiarato Harkema.
In laboratorio le nanoparticelle di carbonio nero sono spesso usate come surrogati di altre CDNP, come quelli che si trovano negli scarichi del diesel, per identificare quale caratteristica fisica o chimica di certe particelle estremamente piccole siano maggiormente responsabili di effetti tossici su cellule o tessuti nel naso e nei polmoni. Tale aspetto è importante per stabilire i limiti di esposizione occupazionale e ambientale, per mantenere una buona qualità dell’aria e proteggere la salute umana.
Il fatto che le vie nasali possano essere suscettibili ai rischi di tali nanoparticelle è allarmante perché il naso, oltre a ricoprire le funzioni olfattive, serve ad inumidire e a riscaldare l’aria inalata ed anche a filtrarla. “Funziona fondamentalmente come una torre filtrante che rimuove i gas inalati, i vapori e le piccole particelle nell’aria – comprese le nanoparticelle – che possono essere pericolose per i polmoni” e, ha aggiunto Harkema, “Ne deriva che le vie nasali possono essere bersaglio della tossicità delle nanoparticelle inalate”.
Per approfondire la tossicità potenziale delle nanoparticelle di carbonio nero, Harkema e i suoi colleghi hanno esposto dei topi di laboratorio ad alte concentrazioni di tale sostanza e hanno scoperto che i ratti sviluppavano diverse lesioni sull’epitelio nasale superficiale o sulle mucose delle vie nasali, riniti o infiammazioni delle mucose nasali. Hanno anche riscontrato che minori erano le dimensioni delle nanoparticelle, maggiori erano i danni, al naso dei ratti, causati dall’esposizione tossica.
I topi avevano una rinite e delle lesioni epiteliali simili, ma meno severe, mentre i criceti non sviluppavano alcuna rinite e avevano solo delle alterazioni minime all’epitelio nasale. Non si sa perché una specie di roditori sia più suscettibile al danno nasale rispetto alle altre.
Sebbene gli effetti delle nanoparticelle sugli umani debbano essere ancora determinati, secondo Harkema “Tali scoperte iniziali di laboratorio suggeriscono che il nostro naso, come i nostri polmoni, sono un organo bersaglio potenziale della tossicità provocata dall’inalazione di nanoparticelle”.