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Intervista al Dott. Massimo Franchini sullo studio Tsunami

Intervista di Francesca Romana Orlando al Direttore del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova

Lo studio Tsunami è un fallimento?

AMICA – L’AIFA ha pubblicato un comunicato stampa sui risultati prodotti dallo studio TSUNAMI che non avrebbero trovato un’efficacia significativa del plasma. Che ne pensa?

Questo studio ha numerose limitazioni delle quali stiamo discutendo nell’ambito del gruppo di ricerca TSUNAMI. Va precisato che gli studi sul plasma si dividono in tre generazioni: quelli di prima generazione, nati ad aprile di un anno fa, valutano l’efficacia del plasma nella popolazione in generale; poi ci sono gli studi che utilizzano il plasma nella fase precoce della malattia e gli ultimi studi, che devono ancora partire, controllano la presenza di anticorpi nei riceventi oltre che nel plasma fornito così da offrire una terapia mirata proprio a chi effettivamente presenza una mancanza di anticorpi.

Lo TSUNAMI appartiene agli studi della fase 1 che non hanno dimostrato un beneficio del plasma quando viene usato a pioggia in tutti i pazienti con il Covid 19. Ora abbiamo scoperto, per esempio, che non è utile usare il plasma nei pazienti malati da una settimana o dieci giorni che magari hanno già tanti anticorpi. Nella nostra esperienza clinica su oltre 400 pazienti trattati, abbiamo trovato che fare un ciclo mirato di plasma iperimmune porta dei benefici significativi.

AMICA – Perché lo studio TSUNAMI non è riuscito a ritrovare gli stessi effetti benefici che osservate voi all’ospedale Carlo Poma?

Fondamentalmente perché gli altri ospedali non hanno trattato i pazienti precocemente, come invece facciamo al Poma da oramai un anno.

Anticorpi contro il Covid-19

Del plasma sappiamo due pilastri fondamentali. Il primo è che si tratta di una terapia anticorpale. Mettere in discussione l’efficacia del plasma, quindi, è come mettere in discussione il vaccino, o gli anticorpi monoclonali. Preso atto che gli anticorpi nel plasma devono avere un qualche beneficio clinico, il problema è semmai identificare il target di pazienti a cui è meglio fornirlo. Non bisogna restare sulla superficie del problema, ma affrontarlo in profondità.

Il secondo pilastro è che il plasma è sicuro, lo trasfondiamo da quarant’anni a bambini, donne in gravidanza e a pazienti in rianimazione.

AMICA – Il plasma iperimmune è efficace anche contro le nuove varianti del Covid-19?

Ci sono segnalazioni che le mutazioni sfuggono agli anticorpi, ma nel nostro ospedale facciamo un continuo monitoraggio dei risultati della plasma terapia, compresi gli effetti delle mutazioni del virus. Il plasma iperimmune non ha mai perso la sua efficacia.

Il futuro del plasma iperimmune

AMICA – Cosa ci dobbiamo aspettare dopo l’uscita di questo studio?

Nulla. E’ solo la fine di una storia mai iniziata. Dall’inizio della pandemia il plasma è stato sempre usato in pochissimi ospedali e con grandi difficoltà di prescrizione e di reperimento. Studi di vecchio stampo, come lo TSUNAMI, rischiano di ostacolare anche la raccolta di plasma per le possibili ondate future del virus. A mio avviso la terapia con il plasma iperimmune non è mai stata valutata per le sue potenzialità reali. D’altra parte lo stesso studio Tsunami ha evidenziato che nei pazienti in fase molto iniziale della malattia, senza insufficienza respiratoria, il plasma è efficace nel bloccare la progressione della malattia, ed è la stessa indicazione della terapia con anticorpi monoclonali. La sola differenza rispetto a questi ultimi è il costo notevolmente inferiore del plasma, pari a circa venti volte di meno, ma il suo utilizzo è ostacolato dal fatto che è considerato anche una trattamento sperimentale.

AMICA – In effetti abbiamo avuto esperienza diretta che ottenere una sacca di plasma iperimmune per un paziente ricoverato è molto complicato da procedure burocratiche che di fatto ne impedisco l’utilizzo.

Il problema è che in Italia si resta ancorati a procedure burocratiche dei periodi ordinari di pace, mentre la pandemia crea una condizione paragonabile ad una guerra. Gli Stati Uniti, invece, già a marzo 2020, hanno riconosciuto l’emergenza in atto e le autorità hanno deciso di autorizzare l’uso del plasma, come trattamento di emergenza, senza avere prima certezze sulla sua efficacia. Anche i vaccini per il Covid: sono stati autorizzati come trattamento “a condizione”. Se avessimo aspettato i 18 mesi della fase di follow up quanti morti in più avremmo contato? Secondo me in Italia andava fatta la stessa scelta un anno fa con il plasma. Una volta appurato che il plasma non crea danni va utilizzato. Anche se dovesse salvare solo una vita ogni mille quante vite avremmo potuto salvare? Qui a Mantova abbiamo attivato un circuito virtuoso per cui il plasma è gratuito in quanto utilizziamo dei kit di raccolta e dei reagenti provenienti da donazioni di benefattori.

In verità è un vero peccato non estendere questo metodo perché siamo in pochissimi medici, giornalisti e associazioni, ad occuparcene, e riceviamo centinaia di richieste da persone disperate con parenti nella fase terminale del Covid quando si va alla ricerca di qualsiasi terapia, ma questa non è una indicazione del plasma.

Il plasma per i pazienti con Sensibilità Chimica

AMICA – L’associazione AMICA sta scrivendo in questi giorni una lettera agli ospedali italiani che trattano il Covid-19 per chiedere una particolare attenzione per i malati di Sensibilità Chimica Multipla che non metabolizzano i farmaci e che hanno una lunga storia di reazioni avverse anche ad una semplice aspirina o antibiotico.

Riteniamo che in questi casi particolari l’uso del plasma iperimmune o degli anticorpi monoclonali nella prima fase della malattia potrebbe essere l’unica possibilità di cura, soprattutto perché l’ipersensibilità chimica rende molto difficile ricoverarsi in ospedale. L’associazione AMICA, quindi, chiede che queste terapie vengano fornite in regime di day hospital perché un paziente con MCS può forse sopportare di stare un’ora o due in un ospedale ma poi deve tornare a casa.

Anche l’uso degli anticorpi monoclonali è ristretto da precisi paletti: il paziente non deve avere il Covid da più di tre giorni e le sue condizioni di salute fanno presupporre che possa ammalarsi di una condizione di Covid severo. Fino ad oggi abbiamo trattato solo tre pazienti che rientravano in queste prescrizioni e si erano rivolti al Pronto Soccorso.

AMICA – Perché gli anticorpi monoclonali dovrebbero essere più efficaci del plasma iperimmune?

Il punto critico è stabilire esattamente la specificità dell’uso del plasma, per esempio la tempestività della cura e il dosaggio: forse una sacca di plasma non è sufficiente e ne servono di più, ma in ogni caso non ha alcun senso affermare che gli anticorpi monoclonali funzionano, ma il plasma derivante dai pazienti guariti dal Covid no. Parliamo della stessa cosa.

Plasma derivante dai vaccinati

AMICA – Nella precedente intervista aveva riferito circa la possibilità di raccogliere il plasma dalle persone che hanno avuto il vaccino. Avete novità?

La raccolta di plasma iperimmune dai vaccinati non è ancora stata autorizzata, tuttavia a maggior ragione ora che lo Tsunami ha decretato l’inefficacia del plasma, credo sia difficile poterne riparlare. Sicuramente in Europa la ricerca andrà avanti, ma in Italia uno studio obsoleto ha di fatto stroncato la plasma terapia.

Il problema è che spesso i grandi studi risultano ingessati da procedure gigantesche. Immagini che prima il protocollo viene inviato al comitato etico di ciascun ospedale che partecipa alla ricerca, poi passano mesi per l’autorizzazione e, una volta arrivata, ogni ospedale deve attivare una convenzione con l’ISS.

Successivamente bisogna fare riunioni in ospedale per arruolare e aggiornare i pazienti. Diventa così impossibile modificare il protocollo in corso d’opera, anche se intanto le evidenze derivanti dalla ricerca suggerirebbero di farlo.

AMICA – Voi pubblicherete i risultati di efficacia del plasma che avete osservato nel vostro ospedale?

Certamente, e lo faranno anche i colleghi di Pavia e di Padova. Probabilmente a fine estate avremo trattato più di 500 pazienti con il plasma, quasi il doppio di quelli arruolati nello studio TSUNAMI.

Sei guarito dal Covid-19? Informati per donare il plasma iperimmune nel centro più vicino a te: clicca qui.

Foto di Satheesh Sankaran da Pixabay

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